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La sindrome da immobilizzazione dell’anziano e il ruolo dell’OSS

Un delicato intervento chirurgico, una malattia neurologica o cardiovascolare. Una caduta, una febbre alta causata da un’infezione batterica, ma anche una forte depressione. Sono soltanto alcuni dei fattori che spingono una persona a rimanere a letto per un periodo di tempo più o meno lungo. Ed è qui che inizia la fase di allettamento, o di immobilizzazione (o ipocinetica), un periodo che può durare settimane, mesi, anni e, nei casi peggiori, può accompagnare il paziente per tutto il resto della sua vita. In questo articolo vediamo qual è il ruolo dell’OSS nella gestione di questa delicata condizione che colpisce soprattutto la persona anziana, che si caratterizza soprattutto per la sua fragilità.

Che cosa è la sindrome da immobilizzazione?

La sindrome da immobilizzazione rappresenta un insieme di complicazioni seguite a un prolungato periodo di immobilità o a una notevole riduzione del movimento. Essa colpisce in modo più frequente le persone anziane o con importanti problemi di salute. Non si tratta di una vera e propria patologia ma del risultato di altre malattie che spingono il paziente a un lungo periodo di allettamento. Una situazione di questo tipo richiede un intervento consapevole e mirato di un intero staff sanitario, composto da medici, infermieri, fisioterapisti, terapisti occupazionali e Operatori Socio-Sanitari. È in questo contesto che, ogni competenza è finalizzata a:

  • migliorare la qualità della vita del paziente,
  • limitare le complicanze,
  • prevenire i rischi,
  • ridurre se possibile il periodo di immobilizzazione.

Quali sono le cause della sindrome da immobilizzazione?

Le cause della sindrome da immobilizzazione sono molteplici. La maggior parte di esse sono patologie che rientrano in due grandi ambiti: quello fisico e neurodegenerativo e quello psicologico e sociale. 

Nell’ambito fisico e neurodegenerativo rientrano:

  • Malattie delle ossa o patologie reumatiche, sia acute che croniche, come artrosi avanzata, osteoartrite e fratture;
  • Cardiopatie, vale a dire disturbi che interessano cuore e arterie;
  • Malattie neurologiche (ictus, Parkinson, Alzheimer e altre forme di demenza);
  • patologie respiratorie;
  • Tumori;
  • Interventi chirurgici che richiedono un periodo di convalescenza a letto;
  • Febbri ricorrenti o stati influenzali che costringono a rimanere a letto.

In molti casi, possono coesistere diverse patologie. Ad esempio, un anziano potrebbe soffrire sia di artrosi che di problemi cardiaci, oppure di enfisema e demenza.

Nell’ambito psicologico e sociale, invece, rientrano:

  • Depressione: una persona depressa può sentirsi costantemente stanca e demotivata, portandola a trascorrere più tempo a casa o a letto, contribuendo così alla sindrome da immobilizzazione.
  • La solitudine o l’isolamento sociale possono ridurre gli stimoli a condurre una vita attiva;
  • Paura di cadere: scaturita principalmente da ambienti poco sicuri o non adattati alla vita di una persona anziana: la presenza di barriere architettoniche, come scale o dislivelli, può limitare di fatto l’autonomia e la mobilità rendendo insicuri questi soggetti;
  • L’invecchiamento: inevitabilmente con l’avanzare degli anni, la capacità di movimento subisce un ridimensionamento, spingendo le persone a trascorrere più tempo a letto.

Quali sono le conseguenze della sindrome da immobilizzazione?

Dopo aver visto quali sono le cause dell’immobilizzazione, ci soffermiamo sulle conseguenze legate a un lungo periodo di immobilità. La mancanza di movimento può determinare nei pazienti anziani una serie di problemi di salute piuttosto severi che interessano diversi aspetti.

Apparato muscolo-scheletrico

Questa condizione infatti può avere un impatto severo sul sistema muscolare della persona anziana, che attraversa un generale processo di decadimento fisico.  La perdita della massa muscolare da un lato, la riduzione della forza dall’altro, incidono sull’equilibrio fisico del paziente aumentando il rischio di una sua caduta accidentale.

L’inattività induce a una riduzione della massa ossea, specialmente della colonna vertebrale, del bacino e delle gambe. Le articolazioni diventano più rigide a causa della mancanza di movimento e del peso non sostenuto. Se il soggetto presenta osteoporosi, il processo di indebolimento osseo è ancora più veloce, e il rischio di fratture più elevato.

Sistema gastrointestinale

L’assenza di movimento può generare inappetenza compromettendo l’assunzione di nutrienti essenziali, come le proteine, necessarie per mantenere la massa muscolare. Possono aumentare i fenomeni di stipsi e la formazione di fecalomi.

Sistema cardiovascolare e respiratorio

L’immobilità riduce la circolazione del sangue rendendo più consistente. Questo processo può provocare la formazione di coaguli e quindi aumenta il rischio di trombosi venosa. Sul piano respiratorio, la posizione supina favorisce l’accumulo di secrezioni nei bronchi, aumentando il rischio di bronchiti o polmoniti.

L’apparato urinario

La lunga permanenza a letto genera nell’anziano problemi di incontinenza. Questo capita perché la posizione orizzontale rende più difficile controllare i muscoli della vescica.

L’apparato tegumentario

Per quanto riguarda la pelle, la permanenza prolungata in una stessa posizione può causare piaghe da decubito, ulcere che si formano a causa della pressione costante sulle stesse zone del corpo. Questa pressione limita il flusso di sangue e ossigeno alla pelle, causando danni ai tessuti.

Aspetti psicologici

Un lungo periodo di immobilità incide notevolmente sull’emotività della persona anziana generando in essa tristezza, senso di inadeguatezza, mancanza di interesse e cali d’umore. Questa situazione può innescare un pericoloso circolo vizioso che spinge la persona a muoversi sempre meno, a mangiare poco e a trascurare sé stessa.

Qual è il ruolo dell’OSS?

Dopo aver analizzato le possibili cause e le relative conseguenze della sindrome da immobilizzazione, possiamo finalmente entrare nel vivo dell’argomento: il ruolo dell’OSS nella gestione di queste delicate situazioni.

L’Operatore Socio-Sanitario, come sappiamo, non opera mai da solo ma sempre in sinergia con professionisti sanitari, come medici, infermieri, fisioterapisti, etc. Nel suo piccolo, tuttavia, l’OSS svolge in realtà un ruolo molto importante, soprattutto in chiave preventiva. A seguire evidenziamo le sue attività più importanti.

Attività di prevenzione da lesioni da decubito

La persona costretta a letto per un arco temporale medio lungo, come sappiamo, è maggiormente esposta all’insorgenza di lesioni da decubito. Su questo argomento ho realizzato in passato diverse pubblicazioni che, se vorrai, potrai consultare alla fine di questo stesso articolo attraverso dei link che ti fornirò. In generale, quello che è importante sapere, è che la persona allettata non resti sulla stessa posizione per più di due ore e che si alimenti e si idrati in modo adeguato. Ad aiutare il paziente nello svolgimento di queste attività sarà naturalmente l’OSS, il quale si occuperà anche dell’igiene personale. Una buona igiene infatti riduce notevolmente il rischio che il paziente sviluppi lesioni. L’OSS utilizzerà tutti i presidi necessari per ridurre al minimo la manifestazione di piaghe (cuscini e materassini antidecubito ne sono un esempio). L’Operatore si occuperà, infine, di informare l’infermiere qualora dovesse notare delle alterazioni sulla pelle del paziente. Per quanto riguarda le medicazioni, l’OSS può eseguire solo quelle di primo grado, mentre per quelle più complesse è previsto l’intervento del medico e/o dell’infermiere.

L’alimentazione

Anche la nutrizione, come abbiamo visto, gioca un ruolo importante. Il ruolo dell’OSS consiste nell’ aiutare il paziente con difficoltà nella nutrizione, favorendo una dieta adeguata e assicurandosi che assuma liquidi sufficienti per prevenire la disidratazione e la stitichezza.

La mobilizzazione

L’errore più frequente che si commette, quando un paziente anziano attraversa un periodo prolungato a letto, è quello di pensare che si tratta di una situazione definitiva ed irreversibile. In realtà non è così.  L’OSS insieme allo staff sanitario, composto da medici, infermieri, fisioterapisti, etc., avrà come obiettivo, laddove è possibile, di spingere la convinzione del paziente fuori da questo tunnel pericoloso attraverso la promozione di esercizi di mobilizzazione attiva e passiva.  In questo modo si offre al paziente non solo un aiuto fisico ma anche un supporto morale ed emotivo, utile a prevenire stati depressivi e deterioramenti cognitivi.

Attività di monitoraggio

L’Operatore Socio-Sanitario sa riconoscere eventuali alterazioni dello stato di salute del paziente e riesce ad identificare eventuali segnali d’allarme (parametri vitali alterati, rigidità muscolare, difficoltà respiratorie, etc.)  e a trasmetterli immediatamente al personale sanitario.

Il mio libro

Ed è a questo punto che voglio aprire una parentesi sul tema dell’assistenza socio-sanitaria agli anziani. In merito a questo argomento, come molti già sanno, ho scritto un libro che affronta gli aspetti principali che riguardano il ruolo dell’OSS nelle Residenze per Anziani. Si tratta di una pubblicazione di circa un centinaio di pagine, disponibile sia nella versione cartacea che in quella digitale, che prende spunto dalla mia personale esperienza professionale di operatore presso una Casa di Riposo di Siracusa.  Se desideri ricevere maggiori informazioni clicca su questo link Oltre l’assistenza: la cura della persona anziana in Casa di Riposo 

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Marco Amico

Operatore Socio-Sanitario, blogger e giornalista. Ho 37 anni, una laurea in Lettere e Filosofia e la passione per la scrittura, le serie TV, le bici. Lavoro in una casa di riposo e nel tempo libero scrivo articoli d'interesse socio-sanitario.

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