La storia di Rosetta
Tratta dall’eBook:
L’assistenza dell’OSS alla persona con Alzheimer: spunti per una tesina
A Rosetta piaceva guardare il giardino della scuola dalla finestra della sua aula, mentre
spiegava ai suoi alunni l’Inferno di Dante. Conosceva a memoria molti versi ma le capitava
spesso di dimenticare i nomi dei suoi ragazzi. Una volta si recò a scuola nel suo giorno
libero convinta che dovesse tenere una lezione. “Piccoli episodi di distrazione dovuti forse
alla stanchezza e allo stress” pensava. Insomma, nulla di cui preoccuparsi! Erano invece gli
esordi della malattia che si sarebbe presentata ufficialmente nei mesi successivi, subito
dopo il pensionamento.Le difficoltà di Rosetta ebbero un seguito lento, ma sempre più evidente. Quelli che
sembravano fatti isolati divennero episodi sempre più frequenti. Le capitava spesso di
mettere due volte il sale nei pasti che preparava. Dimenticava di pagare le bollette della luce
e la saracinesca del garage alzata. Faceva sempre più fatica a trovare le parole giuste per
le storie che raccontava ai nipotini prima di addormentarsi. Con il tempo anche vestirsi
divenne un problema. Gli indumenti venivano indossati in modo casuale e senza una
sequenza logica. Una volta mise le mutandine sopra i pantaloni.Prima sembrava essere consapevole di ciò che le stesse accadendo e tutto ciò provocava
in lei un enorme senso di sconforto. Poi, via via, non ci fece più caso. L’Alzheimer stava
letteralmente prendendo il sopravvento sulla sua persona.
L’apice del suo declino fu raggiunto qualche anno dopo. Franco, marito e compagno di una
vita, improvvisamente se ne andò. Negli ultimi mesi di vita di Franco, Rosetta vedeva in lui
un punto di riferimento anche se non ricordava che fosse suo marito. In ogni caso il dolore
fu enorme. Dopo la morte del padre, le figlie decisero di affidare la madre alle cure di Maria,
una giovane badante, affinché potesse ricevere tutte le attenzioni necessaria. Questa
signora si dimostrò competente e all’altezza della situazione, ma dopo sei mesi le esigenze
dell’anziana donna divennero sempre più evidenti e il solo supporto di Maria non fu più
sufficiente.
Si prese la decisione di trasferire la vedova in una Residenza per Anziani della città. Qui fu
accolta calorosamente dal personale. Amava cantare e partecipava ogni giorno alla messa.
Gli assistenti la adoravano. Non ricordava quasi nulla, ma il suo senso dell’umorismo era
rimasto intatto. Non sapeva più chi fosse Dante anche se continuava a recitare a memoria
i suoi versi. Rosetta non riusciva più a svolgere le attività di prima, ma manteneva il
linguaggio tipico di una docente. Nei momenti di confusione, poteva lasciarsi sfuggire frasi
tipo: “Basta con il chiasso, tornate in classe perché la ricreazione è finita.” La malattia le
aveva portato via gran parte delle proprie abilità ma non l’identità, la personalità e,
soprattutto, la capacità di provare ancora delle emozioni.Le figlie venivano a trovarla spesso. Il loro cuore si riempiva di gioia quelle poche volte che
Rosetta sembrava riconoscerle mostrando barlumi di lucidità.
La donna non smise mai di dare preziosi consigli anche negli ultimi giorni della sua vita.
L’insegnamento più grande che lasciò agli infermieri e agli operatori che l’assistevano è che
l’amore e l’identità non sono soggetti allo scorrere inesorabile del tempo. La voglia di vivere,
malgrado le avversità, è come una dolce musica che riusciamo a suonare anche quando
non riconosciamo più le note dello spartito.
La nostra attività di OSS deve basarsi sulla consapevolezza che dietro ogni paziente con Alzheimer vi sia innanzitutto una
persona che, come la protagonista di questa storia, può vantare un vissuto ricco di
esperienze di vita ed emozioni uniche. Questo concetto, tutt’altro che scontato, è di cruciale
importanza e non può essere mai perso di vista.
Tratta dall’eBook:
L’assistenza dell’OSS alla persona con Alzheimer: spunti per una tesina