“Cerchiamo solo personale femminile”: un fenomeno diffuso nelle case di riposo.
I dati relativi all’occupazione italiana sorridono poco alla popolazione femminile, che nel 2019 fa ancora fatica ad affermarsi nel mondo del lavoro rispetto ad altri paesi europei. Alcuni fattori, come ad esempio la maternità, rappresentano ancora delle discriminanti che impediscono alla donna di potersi inserire sul mercato rispetto all’universo maschile. Eppure c’è un settore in Italia dove ad essere “discriminato” sembra essere proprio l’uomo. Si tratta dell’assistenza socio-sanitaria a favore della persona anziana. Molte case di riposo, infatti, prediligono nella selezione del personale le donne, altre invece escludono completamente la figura maschile. Una tendenza radicata soprattutto nelle regioni meridionali, dove risulta prevalente l’impiego di operatrici in questo ambito. Con il presente articolo proverò a fornire un’interpretazione a tale fenomeno.
Donne e lavoro.
I dati sull’occupazione femminile in Italia non sono molto incoraggianti, anche se negli ultimi tempi pare che qualcosa stia sensibilmente cambiando. Secondo quanto riportato dal quotidiano “Il Messaggero”, su un articolo pubblicato qualche giorno fa, la percentuale delle donne che in Italia percepisce uno stipendio si attesta al 50%. Una percentuale che tende clamorosamente a diminuire se escludiamo le donne con un impiego part-time. Sono dati che testimoniano ancora un notevole gap rispetto al 60-70% fatto registrare invece nel resto d’Europa. Alla base di tale situazione di svantaggio troviamo i problemi di sempre che fanno capo ad una cultura maschilista del lavoro, che vede la donna relegata ad un ruolo marginale. Alcuni temi, quali maternità e cura dei figli, rappresentano un motivo discriminante per molti datori di lavoro, che tendenzialmente sono ancora orientati ad assumere in prevalenza personale maschile.
Case di riposo: perché il personale femminile è in prevalenza.
Nonostante quanto appena affermato, c’è tuttavia un settore in Italia (in realtà più di uno) dove questa tendenza sembra essere clamorosamente rovesciata. Parliamo cioè dell’assistenza socio-sanitaria destinata a persone anziane non autosufficienti. A sostegno della mia tesi non ho purtroppo delle statistiche certe alla mano, ma vi assicuro che questa valutazione nasce da un esperienza concreta che ha interessato me e tanti altri colleghi siciliani. Se sei un Operatore Socio-Sanitario, ti sarà capitato almeno una volta credo, di vederti respinta una candidatura presso una casa di riposo che cercava personale, con la seguente motivazione: “cerchiamo solo personale femminile”. Non è un caso che, soprattutto in alcune aree meridionali, il personale di molte comunità per anziani e case di riposo, sia interamente (o quasi) composto da operatrici. Una “discriminazione” che nasce evidentemente da un fatto culturale. Molte donne anziane vogliono categoricamente essere assistite da una donna. Alla base una questione legata al pudore che spingerebbe una paziente a respingere perentoriamente l’assistenza di un operatore. Un senso di vergogna che raramente riscontriamo invece in un paziente uomo. Mostrarsi totalmente nuda ad un uomo, che non è il marito, può diventare un’esperienza sconvolgente per qualsiasi donna, figuriamoci per una persona anziana dominata da principi etici e morali appartenenti ad un’altra epoca. Un timore che merita senza dubbio assoluto rispetto e massima comprensione, ma che fa parte di una visione piuttosto limitata che tende ad identificare l’operatore come un uomo qualsiasi e non come un professionista. Se negli ospedali, non esiste alcuna distinzione tra operatore e operatrice, in molte strutture private, per ovvie ragioni, si cerca ancora di assecondare la richiesta di alcune pazienti. Il fenomeno è evidente non solo nelle case di riposo, ma anche in altre strutture o nell’assistenza domiciliare privata. Nel privato, in ambito domiciliare, tanti sono infatti gli annunci di lavoro che prendono in considerazione solo candidate donne. Il fenomeno è più marcato nelle case di riposo in quanto è statisticamente maggiore il numero delle pazienti di sesso femminile ricoverate in esse.